Le insidie dell’accettazione tacita dell’eredità

Il codice civile, all’articolo 476, disciplina l’accettazione tacita dell’eredità, prevedendo che essa si realizzi quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede. Tale disposizione si inserisce nell’ambito della disciplina generale dell’accettazione dell’eredità, la quale può essere, appunto, espressa o tacita.

Mentre l’accettazione espressa richiede una dichiarazione di volontà formalizzata con atto pubblico o scrittura privata autenticata, l’accettazione tacita si caratterizza per la mancanza di un atto espressamente diretto ad accettare l’eredità.

Tuttavia, è fondamentale sottolineare che l’accettazione tacita produce gli stessi effetti dell’accettazione espressa, con la conseguenza che il chiamato, che abbia posto in essere un atto di accettazione tacita, diviene erede a tutti gli effetti e, come tale, risponde dei debiti ereditari anche con il proprio patrimonio personale, qualora non abbia provveduto ad accettare l’eredità con beneficio di inventario.

Il codice civile, all’articolo 476, non fornisce un elenco tassativo degli atti che comportano accettazione tacita, limitandosi a indicare un criterio generale: la compatibilità dell’atto con la qualità di erede.

La dottrina e la giurisprudenza, nel corso del tempo, hanno elaborato una serie di casi concreti che possono essere ricondotti all’accettazione tacita, tra cui:

  • La vendita di un bene ereditato: la stipula di un contratto di compravendita avente a oggetto un bene appartenente all’eredità costituisce un atto di gestione del patrimonio ereditario, incompatibile con la qualità di semplice chiamato.
  • La concessione di ipoteca su beni ereditari: l’iscrizione di un’ipoteca presuppone la disponibilità del diritto di proprietà sul bene, che si acquisisce solo con l’accettazione dell’eredità.
  • La domanda giudiziale di divisione: l’azione di divisione ereditaria può essere esercitata solo dal soggetto che abbia accettato l’eredità e, pertanto, la proposizione di tale domanda implica necessariamente la volontà di accettare.
  • La voltura catastale: la richiesta di voltura catastale di un immobile ereditato presuppone la volontà di succedere al defunto nella titolarità del bene e, quindi, integra un’ipotesi di accettazione tacita.

È importante, inoltre, evidenziare che l’accettazione tacita opera anche in presenza di un termine apposto dal testatore per l’accettazione espressa: in tal caso, infatti, il compimento di un atto di accettazione tacita, prima della scadenza del termine, determina la decadenza dal beneficio del termine e l’immediata efficacia dell’accettazione.

Alla luce di quanto sopra esposto, è evidente come l’accettazione tacita dell’eredità possa rappresentare un’insidia per il chiamato, il quale potrebbe trovarsi ad aver accettato un’eredità dannosa senza averne avuto piena consapevolezza.

Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un soggetto che venda un bene ereditato, ignorando che l’eredità è gravata da debiti di gran lunga superiori al valore del bene stesso: in tal caso, il chiamato si troverebbe a rispondere dei debiti anche con il proprio patrimonio, pur avendo ricavato dalla vendita un corrispettivo esiguo.

Per tali ragioni, è fondamentale che il chiamato all’eredità, prima di compiere qualsivoglia atto di disposizione o gestione dei beni ereditari, si rivolga a un professionista al fine di valutare attentamente la propria situazione e le possibili conseguenze derivanti dall’accettazione dell’eredità. Solo in tal modo, infatti, sarà possibile effettuare una scelta consapevole e tutelare al meglio i propri interessi.

SLC

Le insidie dell’accettazione tacita dell’eredità